“Il profano non può percepire quello che succede dentro il giocatore: aggiustamenti minuscoli, incessanti, e un senso degli effetti di ogni singolo cambiamento che si acuisce al progressivo allontanarsi dalla normale consapevolezza”. Leggendo questo assunto di David Foster Wallace mi si materializza davanti, sempre più, l’immagine di Jannik Sinner. Il compianto scrittore, americano come Taylor Fritz, l’ultimo avversario disarmato dalla solidità di Sinner, esprimeva questo concetto in un saggio dal titolo Il tennis come esperienza religiosa.